Brume, Dei, Eroi di Jorge Luis Borges e Maria Esther Vázquez _ FMR
La profondità va nascosta. Dove? Alla superficie. (Hofmannsthal)
I Letterati e i Guerrieri
La personalità di Hilario Ascasubi, altrimenti relegata nei manuali scolastici, del tutto ‘locale’ – in Italia è pressoché intradotto – ha ossessionato Jorge Luis Borges per tutta la vita. Il primo accenno che Borges fa ad Ascasubi è in Inquisiciones (1925), coagulo di saggi tirato in poche copie, per amici; il primo saggio autorevolmente pubblico che gli dedica è sul primo numero della rivista “Sur”, fondata dall’amica e mecenate Victoria Ocampo, nel 1931. Il saggio s’intitola El coronel Ascasubi, Borges deve compiere 32 anni, vive in un’assolata incertezza di sé:Finzioni, per intenderci, viene pubblicato dalle edizioni Sur nel 1944. …
Borges non è soltanto artifici, arcane miserie, zoroastrismo libresco ed eccelso talento nel catalogare le ombre, con l’ansia onnivora di vagabondare tra i codici islandesi medioevali e i monaci del Giappone antico, sostando tra i paragrafi di Scoto Eriugena, libri di sabbia, Minotauri rosi dal male della melancolia, la cabbala e il bestiario. Borges, soprattutto, è affascinato dai militari in disastro, i generali genuflessi, anzi tutto, all’Oriente del proprio coriaceo carisma, i destini acquartierati tra la gloria di un momento e la disfatta: in una pallottola ravvisa lo specchio, in un bivio sulla via per Montevideo il diktat del labirinto, in una battaglia all’arma bianca l’aura di un foglio, l’albume di una storia mutilata.
Droctulfo, difensore di Ravenna: la storia che ha ispirato Borges
Droctulfo era di origini sveve o alemanne e in gioventù fu schiavo presso la corte del re longobardo Alboino. Nonostante ciò, divenne duca longobardo per i suoi grandi meriti.
Nel 572 d.C. la svolta che lo rese celebre: durante la guerra tra il suo popolo e i Bizantini per la conquista dell’Italia, tradì i suoi commilitoni e si mise a combattere a fianco degli abitanti di Ravenna per la difesa della città.
Il motivo di questa scelta non è chiaro, ma lo storico Paolo Diacono ipotizzò che il cambio di bandiera fosse avvenuto per vendicare lo stato di prigionia che avevo subito da giovane.
Da allora, Droctulfo visse e combatté sempre a fianco dei Bizantini, e si distinse in imprese importanti, come la liberazione di Classe. Morì lontano da Ravenna ma, per sua stessa richiesta, fu sepolto qui.
Fu celebrato con tutti gli onori, e la sua tomba fu collocata a fianco di quella del martire Vitale. Gli fu dedicato un bellissimo epitaffio, lodato per la sua qualità letteraria da Benedetto Croce e che ha ispirato un racconto del grandissimo Jorge Luis Borges.
“Non potevo né leggere né scrivere ma Ricordare” Link Audio, Podcast RAI TECHE , TUTTO JORGE LUIS BORGES Un Giovannj Minoli palesemente non all’altezza per me nell’intervista del 1984 a Borges Lo scrittore è un… Altro
Borges, la cecità del fato Se nelle pagine che seguono c’è qualche verso ben riuscito, mi perdoni il lettore la sfrontatezza di averlo composto prima di lui. Tutti siamo la stessa persona; le nostre nullità… Altro
La scienza di Calvino e Borges Libro: “Ti con Zero” La scienza incontra la molteplicità e cerca (spesso invano) di ricondurla a unità. La letteratura altresì contempla la molteplicità e – scrive Italo Calvino nel… Altro
Borges, il poeta della disumanità e della nostalgia
Borges è il poeta dell’essenziale e della disumanità insita in ogni purezza, apparente, di fronte alla totalità della vita. Soltanto letture superficiali della sua opera possono fare di Borges il simbolo e il cantore di una raffinatezza manieristica impermeabile ai sentimenti, espressione di un compiaciuto artificio, di una letterarietà superba ed estranea alla vita. Anzi, Borges è il cantore della nostalgia della vita, della sua semplicità profonda e struggente, della sua verità inattingibile e perduta. C’è una malinconia del mutamento che attraversa la sua poesia e il suo pensiero. Borges amava il tango che, come ha scritto Enrique Santos Discepolo, musicista, compositore e regista argentino, è «pensiero triste che si balla»; una danza che è una “grazia rara” che si accompagna al dono dell’istante, all’epica di un riscatto, forse, impossibile, al sogno di una liberazione sempre di là da venire.
La sfida posta dal “Tempo”, il suo trascorrere, ha un ruolo fondamentale anche nella storia delle religioni, in cui c’è una sorta di “rispetto per il tempo”, per non perdersi nell’indistinto, attraverso la periodicità e la ricorrenza delle festività, dei cicli solari e lunari. Elementi che, come ha insegnato Mircea Eliade, servono a rompere l’omogeneità del tempo e a costruire una porzione della sua sacralità.
La Bibbia è stata una presenza costante nella vita di Borges che riteneva vi fosse un trittico di storie capitali nella storia dell’umanità: l’Iliade, l’Odissea e, quello che chiamava il terzo “poema”: le storie bibliche, appunto. La sua era una vera passione per la Bibbia. In Siete conversaciones con Borges, lo scrittore afferma: «Di tutti i libri della Bibbia quelli che mi hanno impressionato sono il libro di Giobbe, l’Ecclesiaste (o Qohelet), i Vangeli. Sarebbe troppo complicato seguire tutti i passaggi evocati da Borges nella sua opera, tratti dalla Bibbia, le immagini, le figure, i personaggi. Molte sue opere sono dei veri e propri commenti e interpretazioni dei testi biblici. Penso in particolare a L’Aleph. Caino e Abele, il tema della colpa. Il volto di Cristo che è da ricercare negli specchi ove si riflettono i volti umani. Il termine “parola”, logos, davar, Wort, che Goethe, nel Faust tradurrà come forza, atto, (proprio come la parola davar, che in ebraico significa parola e cosa), è al centro di profonde analisi e meditazioni da parte di Borges. Non sono solo codici linguistici. A più riprese Borges aveva espresso il suo desidero di essere ebreo. Borges nutriva una vera fascinazione per il misticismo ebraico e per la Qabbalah.
Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire. Chi è contento che sulla terra esista la musica. Chi scopre con piacere una etimologia. Due impiegati che in un caffè del sud giocano in silenzio agli scacchi. Il ceramista che premedita un colore e una forma. Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace. Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto. Chi accarezza un animale addormentato. Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto. Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson. Chi preferisce che abbiano ragione gli altri. Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.
Il mondo ha bisogno d’essere salvato e non ne sa nulla. I giusti lo salvano e non sanno di salvarlo. Né sanno dell’esistenza di altri giusti. Gli altri uomini, poi, li ignorano. O, comunque, non sono in grado di vedere le nozze segrete del mondo con l’arte dei giusti. E noi, dal canto nostro, mentre il mondo non sa d’essere salvato e mentre i giusti non sanno d’esserne i salvatori, ignoriamo che ci sia un salvato e un salvante.
«Il tempo è la sostanza di cui sono fatto. Il tempo è un fiume che mi trascina, e io sono il fiume; è una tigre che mi sbrana, ma io sono la tigre; è un fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco. Il mondo, disgraziatamente, è reale; io, disgraziatamente, sono Borges»
Secondo Juan Nuño «la filosofia in Borges è una specie di cosmogonia» in cui mito, dottrina, poema, narrazione forniscono un’interpretazione dell’origine e della formazione del mondo. Ciò che egli ha fatto, nei suoi esercizi di stile, è stato evocare. Ed evocazione è un termine che indica «portare qualcosa alla memoria o all’immaginazione», esattamente ciò che Borges ha fatto con le teorie filosofiche cui ha attinto nel corso della sua formazione culturale e che si sono rivelate una grande risorsa per la sua sperimentazione letteraria. Ma evocare in spagnolo significa anche chiamare gli spiriti e i morti, supponendoli capaci di presentarsi nel momento degli incantesimi e delle invocazioni, come esseri presenti, stabili, filosofi antichi tornati per guidare un moderno Levi nella stesura della sua opera.
Se nelle pagine che seguono c’è qualche verso ben riuscito, mi perdoni il lettore la sfrontatezza di averlo composto prima di lui. Tutti siamo la stessa persona; le nostre nullità differiscono così poco, e così tanto influiscono le circostanze sulle anime, che è quasi una casualità che tu sia il leggente e io lo scrivente”.
Cent’anni fa, nel 1923, nasceva sulle vie di Buenos Aires un poeta. Si chiamava Jorges Luis Borges, aveva 24 anni…..Anche se “tutta la letteratura è autobiografica”, la personalità per Borges non ha consistenza; l’io non esiste, al più confluisce in un Io trascendentale e impersonale. Un promettente Borges degli esordi già scrive al suo “eventuale lettore”: “Se nelle pagine che seguono c’è qualche verso ben riuscito, mi perdoni il lettore la sfrontatezza di averlo composto prima di lui. Tutti siamo la stessa persona; le nostre nullità differiscono così poco, e così tanto influiscono le circostanze sulle anime, che è quasi una casualità che tu sia il leggente e io lo scrivente”. La fama, scrive, è solo un riflesso di sogni dentro il sogno d’uno specchio (Spinoza).
Qual è la magia di Borges? Cogliere la realtà standone dall’altra parte; nel mito, nel sogno, nello specchio, nella finzione, nell’immaginazione e nella letteratura, che è poi la sintesi poetica-erudita di tutto questo. Nella Storia dell’eternità, Borges fa il verso a Platone, a Plotino e a Sant’Agostino, fa la parodia onirica, ludica e fiabesca della filosofia e si burla dell’eternità e del tempo. Il tempo essenziale, per lui, è oziosamente circolare anziché virtuosamente rettilineo; non conosce successione tra passato, presente e futuro, ma simultaneità, ripetizione e scambio delle parti.
La scienza incontra la molteplicità e cerca (spesso invano) di ricondurla a unità. La letteratura altresì contempla la molteplicità e – scrive Italo Calvino nel 1980 dialogando con Daniele Del Giudice – immagina “un sistema di moltiplicazione dei possibili per esorcizzare la tragicità dell’unicità. Il fatto che la vita è una, che ogni avvenimento è uno, il che comporta la perdita di miliardi di altri avvenimenti, perduti per sempre. Narratore è colui che vuole sottrarsi a questo destino”. La fase di ottimismo gnoseologico di Italo Calvino si è già resa problematica nel 1980, incontrando i limiti del visibile, la minaccia del caos. Resta tuttavia quell’urgenza esistenziale profonda di tentare, nonostante tutto, una via di fuga. La realtà può essere letta a più livelli. Dobbiamo salvare la sfida al labirinto-mondo, senza arrendersi al labirinto.
La storia comincia nel 1976 a Madrid, dove una giovane studentessa di ingegneria meccanica e aerospaziale di Princeton si trova per un soggiorno di ricerca. Legge “La biblioteca di Babele” di Jorge Luis Borges e ha un’illuminazione. Immagina quegli scaffali sterminati, pieni di libri senza senso, un’immensa cacofonia inframmezzata qua e là da qualche frase dotata di significato. Si immedesima nel destino del bibliotecario che si aggira lì dentro, peregrinando tra gli esagoni, cercando il libro che contiene le risposte a tutti i misteri fondamentali dell’umanità, anche se in cuor suo sa che non gli basterà una vita per trovarlo.
La giovane di Pittsburgh ricorda allora di aver letto su “Nature” l’articolo di un noto evoluzionista, John Maynard Smith, che aveva fantasticato sull’esistenza di un’analoga enorme libreria: piena non di libri, ma di proteine, i mattoni degli esseri viventi che vengono sintetizzati a partire dai geni. Considerando che le proteine sono composte da 20 lettere (gli aminoacidi) e che mediamente la loro sequenza è lunga circa 500 aminoacidi, risulta che la biblioteca di Babele di tutte le proteine possibili conterrebbe il numero astronomico, ma pur sempre finito, di 20 alla 500 combinazioni, più di tutte le particelle dell’universo.
La sola regola è che non devono esserci due proteine identiche, proprio come nella biblioteca di Babele “non vi sono due soli libri identici”. Come in quella interminabile sequenza di gallerie di Borges, la gran parte delle sequenze sono rumore: non fanno nulla. Raramente se ne trova una che abbia un senso, in qualche scaffale di una regione remota, una cioè che l’evoluzione ha selezionato perché svolge una funzione utile per una delle specie di esseri viventi che popolano la Terra. Inoltre, come sapeva bene Calvino, non possiamo essere certi dei limiti esterni del modello, che sono raggiunti per induzione empirica rispetto alle conoscenze attuali in nostro possesso: non possiamo cioè sapere se è davvero completo e perfetto.
Jorge Luis Borges: «Ciò che più m’interessa sottolineare è come Borges realizzi le sue aperture verso l’infinito senza la minima congestione, nel periodare più cristallino e sobrio e arioso; come il raccontare sinteticamente e di scorcio porti a un linguaggio tutto precisione e concretezza, la cui inventiva si manifesta nella varietà dei ritmi, delle movenze sintattiche, degli aggettivi sempre inaspettati e sorprendenti. Nasce con Borges una letteratura elevata al quadrato e nello stesso tempo una letteratura come estrazione della radice quadrata di se stessa: una “letteratura potenziale”»
La biblioteca di Babele come distopia conoscitiva e inferno del significato La biblioteca contiene “tutto ciò che è dato esprimere, in tutte le lingue”, ma essa non rappresenta la realizzazione dell’ideale di una conoscenza universale, piuttosto Borges volge in distopia tale sogno. La biblioteca di Babele è, infatti, un inferno, l’inferno del significato, perché al suo interno ci sarà il libro che contiene la verità, la risposta vera alla domanda sull’esistenza di dio, tutte le biografie di tutti gli uomini, il modo in cui ciascuno di noi morirà, la soluzione di tutti i problemi, tutti i libri che sono stati scritti e anche quelli che non lo sono stati ancora. Questi libri sono, tuttavia, sommersi da miliardi di frasi senza senso, sono dunque introvabili. Il totale dei volumi è 10 elevato 4677, per leggere tutte le loro pagine un uomo ci impiegherebbe 10 alla 4.000 anni e nel racconto si avanza anche l’ipotesi la biblioteca sia infinita perché i libri si ripetano infinite volte.
Borges è stato scrittore immaginifico e grande lettore, ma soprattutto responsabile della prestigiosa Biblioteca Nazionale di Buenos Aires. È dunque l’interlocutore perfetto cui rivolgersi in cerca di suggerimenti di lettura in vista del periodo estivo ormai iniziato. Celebre la sua libreria ideale composta di 74 titoli per la casa editrice Hyspamérica. In Italia con l’editore e amico Franco Maria Ricci ha creato una collana del fantastico che offre molti spunti originali e inediti, tra grandi classici e autori da riscoprire…
Ogni grande scrittore comincia con l’essere un grande lettore, e va componendosi nel corso degli anni un suo personale florilegio di preferenze e di esclusioni. Direttore della Biblioteca Nazionale di Buenos Aires nella quale sembra esistano libri introvabili in altre parti del mondo, Jorge Luis Borges, lettore onnivoro, approfittò di quell’abbondanza libraria per montare e offrire ai suoi ammaliati lettori antologie sorprendenti per erudizione e ironia. Dall’incontro tra Franco Maria Ricci e Jorge Luis Borges nacque l’idea della compilazione della sua biblioteca ideale, una raccolta delle sue letture preferite. London, Chesterton, James Stevenson, Kafka, Kipling e altri convivono in quest’antologia che raccoglie il meglio della letteratura fantastica. Ispirato dal titolo di uno dei più bei racconti borgesiani, la collana venne chiamata “La Biblioteca di Babele”, è ormai un classico letterario, e insieme uno dei monumenti più affettuosi al grande bibliotecario di Buenos Aires.
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Sono, in sintesi, Borges come si vorrebbe che fosse: un poeta disinnescato, sapienziale, immediatamente “spendibile”, quindi privo di spigoli come il suo insistito pedantismo, ma soprattutto banalizzato in formule facilmente digeribili.
Le sue poesie autentiche non potrebbero in alcun modo riscuotere lo stesso successo, diventare meme virali, perché il loro valore aggiunto letterario è irriducibile al consumo, anche quando viene apparentemente consumato.
Da Borges e il Tango
D’altronde, il vero eroe dell’opera di Borges è il lettore, e a lui è permesso tutto, perfino gli omaggi irriverenti che somigliano a delle liquidazioni.
Se è vero che “l’umanità si difende dal genio negandolo e se ne sbarazza riconoscendolo”, come ha detto qualcuno che se ne intendeva, oggi il riconoscimento, prima ancora che dal premio Nobel della letteratura, passa dai social e da queste patetiche e irresistibili imitazioni.
In fondo, di opera in opera, Borges non fa che scrivere lo stesso libro, forgiando una immane biblioteca. Il sogno di uno scrittore è scrivere tutti i libri possibili, adottando ogni genere, ogni linguaggio, esaurendo tutte le identità.
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Lo scopo di ‘Scuola di filosofie’ è pratico: riportare le riflessioni dei grandi pensatori scelti da Maura Gancitano e Andrea Colamedici nella strade aperte delle città e nelle dinamiche quotidiane della vita perché è proprio nelle piazze e tra le persone che è nata e prosperata la filosofia. In questo incontro dedicato a Jorge Luis Borges viene affrontata la filosofia del grande poeta e scrittore argentino che ha saputo raccontare la magia e il rigore dell’esistenza umana insegnando l’arte di abitare il dubbio e la meraviglia. Uno sguardo che tenta di discernere tra il vero e il falso in un mondo alla rovescia, un mondo falso che viene creduto vero. Tlon è una scuola permanente di filosofia e immaginazione fondata da Maura Gancitano e Andrea Colamedici che è anche casa editrice, agenzia di eventi e catena di librerie.
EVERNESS Solo una cosa non c’è. È l’oblio. Dio, che salva il metallo, salva la scoria e novera nella sua profetica memoria le lune che saranno e quelle che sono state. Link utili: Mostra Everness/Sempritudine… Altro
…dietro al nome sta ciò che non si nomina, oggi ho sentito grave la sua ombra… cultura/2018/08/24/il-compleanno-di-borges-la-letteratura-come-altro-e-come-doppio-pn_20180824_00095/ Finse che il libro che voleva scrivere fosse già stato scritto, scritto da un altro, da un ipotetico… Altro
“… ciò che chiamiamo caso è la nostra ignoranza della complessa meccanica della casualità”.
J.L.B
“C’è nella vita un elemento di magica coincidenza che può sfuggire alla gente che bada solo all’aspetto prosaico delle cose. Come è stato ben espresso dal paradosso di Poe, la saggezza dovrebbe contare sull’imprevisto.”
Chesterton
“La terra che abitiamo è un errore, una incompetente parodia. Gli specchi e la paternità sono abominevoli perché la moltiplicano e l’affermano”.
J.L.B.
Borges scrisse: “Il più celebre dei suoi romanzi ‘L’uomo che fu Giovedì’, ha come sottotitolo ‘Un incubo’. Avrebbe potuto essere Poe o magari un Kafka; lui comunque preferì- e gli siamo grati della scelta – essere (…) la gente persiste nel ridurlo ad un mero propagandista cattolico. Innegabilmente lo fu, ma fu anche un uomo di genio, un gran prosatore e un grande poeta. La letteratura è una delle forme della felicità; forse nessun scrittore mi ha dato tante ore felici come Chesterton”.
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La cosa importante è di non smettere mai di interrogarsi. La curiosità esiste per ragioni proprie. Non si può fare a meno di provare riverenza quando si osservano i misteri dell'eternità, della vita, la meravigliosa struttura della realtà. Basta cercare ogni giorno di capire un po' il mistero. Non perdere mai una sacra curiosità. ( Albert Einstein )