Borges come si vorrebbe che fosse – Il Post

Borges come si vorrebbe che fosse

https://www.ilpost.it/2022/02/15/borges-come-si-vorrebbe-che-fosse/

Come mai è lo scrittore che vanta il maggior numero di imitazioni, patetiche e irresistibili….

Jorge Luis Borges a Londra con sua madre Leonor Acevedo Suarez nel 1963 (Harry Dempster/Daily Express/Hulton Archive/Getty Images)

Il falso Borges

Sono, in sintesi, Borges come si vorrebbe che fosse: un poeta disinnescato, sapienziale, immediatamente “spendibile”, quindi privo di spigoli come il suo insistito pedantismo, ma soprattutto banalizzato in formule facilmente digeribili.

Le sue poesie autentiche non potrebbero in alcun modo riscuotere lo stesso successo, diventare meme virali, perché il loro valore aggiunto letterario è irriducibile al consumo, anche quando viene apparentemente consumato.

Da Borges e il Tango

D’altronde, il vero eroe dell’opera di Borges è il lettore, e a lui è permesso tutto, perfino gli omaggi irriverenti che somigliano a delle liquidazioni.

Se è vero che “l’umanità si difende dal genio negandolo e se ne sbarazza riconoscendolo”, come ha detto qualcuno che se ne intendeva, oggi il riconoscimento, prima ancora che dal premio Nobel della letteratura, passa dai social e da queste patetiche e irresistibili imitazioni.

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Jorge Luis Borges, il geniale mentitore. Gita nella selva di pseudonimi, apocrifi, leggende fittizie

In fondo, di opera in opera, Borges non fa che scrivere lo stesso libro, forgiando una immane biblioteca. Il sogno di uno scrittore è scrivere tutti i libri possibili, adottando ogni genere, ogni linguaggio, esaurendo tutte le identità.

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Borges e Chesterton, morti nello stesso giorno per un incrocio superficialmente casuale –

Borges e Chesterton, morti nello stesso giorno per un incrocio superficialmente casuale

Chesterton e Jorge Luis Borges, immagine dal link

“… ciò che chiamiamo caso è la nostra ignoranza della complessa meccanica della casualità”.

J.L.B

 “C’è nella vita un elemento di magica coincidenza che può sfuggire alla gente che bada solo all’aspetto prosaico delle cose. Come è stato ben espresso dal paradosso di Poe, la saggezza dovrebbe contare sull’imprevisto.”

Chesterton

“La terra che abitiamo è un errore, una incompetente parodia. Gli specchi e la paternità sono abominevoli perché la moltiplicano e l’affermano”.

J.L.B.

Borges scrisse: “Il più celebre dei suoi romanzi ‘L’uomo che fu Giovedì’, ha come sottotitolo ‘Un incubo’. Avrebbe potuto essere Poe o magari un Kafka; lui comunque preferì- e gli siamo grati della scelta – essere (…) la gente persiste nel ridurlo ad un mero propagandista cattolico. Innegabilmente lo fu, ma fu anche un uomo di genio, un gran prosatore e un grande poeta. La letteratura è una delle forme della felicità; forse nessun scrittore mi ha dato tante ore felici come Chesterton”.

Il Labirinto di Borges a Venezia

Borges e Chesterton


ANEDDOTI – JORGE LUIS BORGES

“Cent’anni di solitudine”? Ne bastano cinquanta. Per anni Borges ha atteso, invano, il Nobel per la letteratura. Nel 1982 lo avvisarono che il Nobel era andato a Gabriel García Márquez. Borges era in questura a rinnovare il passaporto, i giornalisti si affollarono per chiedergli una dichiarazione. “Penso che García Márquez sia un grande scrittore. Cent’anni di solitudine è un ottimo romanzo, anche se penso che cinquant’anni siano sufficienti”, disse.

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Quando morì Che Guevara. Era l’ottobre del 1967, Borges insegnava letteratura inglese all’Università di Buenos Aires. Uno studente prese d’assalto la classe annunciando la morte di Che Guevara. Disse che le lezioni avrebbero dovuto essere sospese. Borges rispose che c’era tempo per omaggiare il caro estinto. Lo studente alzò la voce, intimando Borges di andarsene. Lo scrittore restò granitico al suo posto. “Allora staccherò la luce”, urlò lo studente. “Sono diventato cieco proprio perché accadesse questo momento”, rispose lo scrittore. E continuò la lezione.

Borges-Kodama

«Avevo 5 anni e non sapevo chi fosse, quando i versi di Two English Poems mi stregarono: “Posso darti la mia solitudine, la mia oscurità, la fame del mio cuore”. La maestra mi spiegò che parlava dell’ amore. Tempo dopo, leggendo l’ incipit de Le Rovine Circolari (“nessuno lo vide sbarcare nella notte unanime”) sentii un’ energia unica: ero ancora una bambina e non capivo nulla, eppure se oggi dovessi salvare uno solo dei suoi testi, sarebbe quello».