Borges, la cecità del fato

Borges, la cecità del fato

J.l.B

Se nelle pagine che seguono c’è qualche verso ben riuscito, mi perdoni il lettore la sfrontatezza di averlo composto prima di lui. Tutti siamo la stessa persona; le nostre nullità differiscono così poco, e così tanto influiscono le circostanze sulle anime, che è quasi una casualità che tu sia il leggente e io lo scrivente”.

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Borges, la cecità del fato

di Marcello Veneziani

Cent’anni fa, nel 1923, nasceva sulle vie di Buenos Aires un poeta. Si chiamava Jorges Luis Borges, aveva 24 anni…..Anche se “tutta la letteratura è autobiografica”, la personalità per Borges non ha consistenza; l’io non esiste, al più confluisce in un Io trascendentale e impersonale. Un promettente Borges degli esordi già scrive al suo “eventuale lettore”: “Se nelle pagine che seguono c’è qualche verso ben riuscito, mi perdoni il lettore la sfrontatezza di averlo composto prima di lui. Tutti siamo la stessa persona; le nostre nullità differiscono così poco, e così tanto influiscono le circostanze sulle anime, che è quasi una casualità che tu sia il leggente e io lo scrivente”. La fama, scrive, è solo un riflesso di sogni dentro il sogno d’uno specchio (Spinoza).

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Qual è la magia di Borges? Cogliere la realtà standone dall’altra parte; nel mito, nel sogno, nello specchio, nella finzione, nell’immaginazione e nella letteratura, che è poi la sintesi poetica-erudita di tutto questo. Nella Storia dell’eternità, Borges fa il verso a Platone, a Plotino e a Sant’Agostino, fa la parodia onirica, ludica e fiabesca della filosofia e si burla dell’eternità e del tempo. Il tempo essenziale, per lui, è oziosamente circolare anziché virtuosamente rettilineo; non conosce successione tra passato, presente e futuro, ma simultaneità, ripetizione e scambio delle parti.

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