Dopo la fiera – Pessoa

Dopo la fiera - Pessoa

Praia das Maças 1918 – José Malhoa

http://www.stile.it/articolo/lisbona-2-il-chiado-di-pessoa

Pensando a Wenders, e Saramago e…

 

DOPO LA FIERA

Vagolanti vanno per la strada,

cantando senza ragione

l’ultima speranza data

all’ultima illusione.

Non significa nulla.

Sono mimi e buffoni.

Vanno uniti e diversi

sotto una luna da vedere,

in che sogni immersi

non saprebbero dire,

e cantano quei versi

che ricordano senza volere.

Paggi di un mito defunto,

tanto lirici, tanto soli!,

non hanno nella voce un grido,

hanno appena la propria voce;

e li ignora l’infinito

che ignora anche noi.

Natale…Sulla provincia nevica.

Tra i lari confortevoli,

un sentimento conserva

i sentimenti passati.

Cuore contrapposto al mondo,

come la famiglia è verità!

Il mio pensiero è profondo,

sto solo e sogno rimpianto.

E come bianco di grazia

il paesaggio che non so,

visto per la vetrata,

della casa che mai avrò!

Ho pena delle stelle

che brillano da tanto tempo,

da tanto tempo…

Ho pena di loro.

Non ci sarà una stanchezza

delle cose,

di tutte le cose,

come di un braccio o delle gambe?

Una stanchezza d’esistere,

di essere,

soltanto di essere,

l’essere triste lume o sorriso…

Non ci sarà, infine,

per le cose che sono,

non la morte, bensì

un’altra specie di fine,

o una grande ragione:

qualcosa così

come un perdono?

Quale è la sera da trovare

in cui avremmo tutti ragione

e respireremmo la buon’aria

del viale nell’estate,

o d’inverno, basti posare

accanto alla quiete o al focolare?

Quale è la sera da far tornare?

Quella sera c’è stata, e ora non più.

Quale è la mano carezzevole

che sarà mia infermiera –

senza malattie la mia vita osa –

oh, quella mano è morta e osso…

Solo il ricordo mi accarezza

il cuore al quale non resisto.

Sembra che stia riposando:

starò forse per morire.

C’è una stanchezza nuova e dolce

di tutto che volli amare.

C’è una sorpresa di trovarmi

così disposto a sentire.

Subito vedo un fiume

tra alberi luccicare.

E sono una presenza certa

il fiume, gli alberi e la luce.

Qui si sta in pace,

lungi dal mondo e dalla vita,

pieni di non aver passato,

anche il futuro si oblia.

Qui si sta in pace.

Aveva i gesti innocenti,

ridevano gli occhi nel fondo.

Ma invisibili serpenti

la facevano del mondo.

Aveva i gesti innocenti.

Qui tutto è pace e mare.

Come lungi la vista si perde

nella solitudine che rende

ombra l’azzurro ch’è verde!

Qui tutto è pace e mare.

Sì, poteva essere stato…

Ma né volontà, né ragione

hanno condotto il mondo

a diletto o soluzione.

Sì, poteva essere stato…

Ora non dimentico e sogno.

Chiudo gli occhi, ascolto il mare

e ascoltandolo bene, immagino

di vedere l’azzurro inverdire.

Ora non dimentico e sogno.

Non è stato proposito, no.

I suoi gesti innocenti

toccavano il cuore

come invisibili serpenti.

Non è stato proposito, no.

Dormo, sveglio e solitario.

Cosa è stata la mia vita?

Vele di inutile mulino:

un movimento senza lotta…

Dormo sveglio e solitario.

Nulla spiega né consola.

Tutto è sicuro dopo.

Ma il dolore che ci devasta,

la pena di non essere due:

nulla spiega né consola.

Un muro di nubi dense

pone alla base del ponente

scure porpore pretese.

Con la notte tutto finisce.

Il cielo freddo è trasparente.

Nessuna pioggia si rovescia.

E non so se provo pena

o allegria dell’assente

pioggia e della notte serena.

Del resto, non so mai nulla.

La mia anima è l’ombra presente

di una presenza passata.

I miei sentimenti sono orme.

Solo il mio pensiero sente…

La notte si fredda di astri.

Sull’orlo qui della spiaggia, muto e contento del mare,

con nulla più che mi attragga, né nulla più che desideri,

farò un sogno, avrò il mio giorno, chiuderò la vita,

e non mi avrà l’agonia, poiché dormirò all’istante.

E come un ombra la vita, che sopra un fiume trascorre,

come un passo sul tappeto d’una stanza morta e vuota;

l’amore è un sonno che basta all’essere breve che siamo;

la gloria concede e nega; non ha verità la fede.

Per questo sull’orlo bruno della spiaggia muta e sola,

l’anima ho, fatta bambina, franca di pena e dolore;

sogno che quasi non sono, perdo e non ho mai avuto,

ho cominciato a morire prima di avere vissuto.

Mi diano, dove qui giaccio, solo una brezza che passi,

non voglio nulla al caso, se non la brezza sul viso;

mi diano un amore vago delle cose che mai avrò,

non piacere o dolore, non voglio vita né legge.

Solo voglio, nel silenzio assediato dal suono aspro

del mare, dormire quieto, e nulla desiderare,

dormire nella distanza di uno che suo non fu mai,

tocco dall’aria inodora della brezza di ogni cielo.

Ma sempre estraneo, sempre penetrando

la più risposta essenza della mia vita,

l’ombra dentro di me vado cercando.

Dopo la fiera, pagg. 133-143 sezione Poesia

da L’imminenza dell’ignoto – Pessoa a cura di Luigi Panarese Ed. Accademia 1972

https://books.google.it/books?id=E7V6D4Y33ZAC&lpg=PA15&ots=xnoovY0l36&dq=pessoa%20dopo%20la%20fiera&hl=it&pg=PA14&output=embed


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